mercoledì 20 febbraio 2013

E congiunzione, virgola.

Per uno scherzo del destino, oggi, sono stata costretta ad incrociare, per strada, la mia vecchia professoressa di italiano. Non ho mai avuto un'idea precisa di quella donna, non sono mai stata colta da un sentimento di ammirazione profonda o di odio sporadico nei suoi confronti. Trovo, semplicemente, che sia una donna ferita. Meschinamente ferita nel profondo che cerca nella letteratura e nelle più alte forme dell'espressione umana il suo balsamo di guarigione. Ma non sono qui per giudicare, non sono qui per affermare chissàqualeconconcettodettoeridetto. Detto, ridetto. Detto, ridetto. Forse ciò che ciò sto per scrivere è troppo personale ma non abbastanza da non permettermi di continuare. Quella donna mi ha offerto la sua voce quando io, a mala pena, sapevo utilizzare la mia. Sento una sorta di profonda gratitudine nei suoi confronti. Ho una memoria tendenzialmente zoppicante che tende a ricordare soltanto i momenti in cui è stata costretta a cadere. I momenti buoni, molte volte, penso di non meritarli, non sono in grado di comprenderli pienamente. Io, generalmente, il buono non lo capisco mai. Il buono lo invento, il buono lo disegno ma solo dal cattivo. Non sono un essere complesso ma le complicazioni mi piacciono, mi dondolo in un mondo di collegamenti neppure poi tanto coerenti tra di loro. Ricordo bene il giorno in cui "quella donna" mi disse: "Tu hai un mondo dentro e io lo so perchè ti leggo, perchè non sai scrivere senza donarti totalmente. Hai un mondo che pochi capiranno ma ti nascondi dietro le tue paure. Hai paura della tua stessa ombra ma io credo in te." Un tempo mi apparivano delle parole totalmente banali, non che adesso abbiano acquisito una valenza diversa. Probabilmente, se non avessi il mio solito comportamento corretto le avrei riso in faccia. Ma il punto non è propriamente questo. Mi chiedevo semplicemente a che grado di percezione talmente soggettiva dobbiamo arrivare per poter fare determinate affermazioni? Com'è possibile che un uomo, in generale, cerchi di toccare così affondo l'animo di un altro? Nessuno richiede niente. Non vi è alcun tacito accorto, nessuno patto stabilito che ci spinga verso un altra persona. Non sto negando che le norme della convivenza umana neghino la possibilità di comunicazione tra gli uomini. Perchè? Perchè una persona sente il bisogno di toccare un'altra, in questo modo? Non parliamo di chissà quale forma assurda di collegamento umano extrasensoriale o ipertestuale. Le parole acquisiscono il valore della persona che le pronuncia. Elementare sceriffo! Perchè la tua visione deve entrare in contatto con la mia? Preferisci il termine "contrasto"? Non sono ciò che vuoi. Non sono ciò che descrivi, non sono ciò che vedi. Sono uno spiraglio di ciò che la tua soggettività vuole vedere. Non accetto di darti questo valore perchè mi avresti resa un pò tua, anche se non ti interessa. Fà paura darsi agli altri, indistintamente. Fà paura offrirsi anche se non facciamo che questo per tutta la vita. Ma la coscienza che chi ti dona un fiore, prima o poi, avanzerà le pretese su una pianura di rose rosse fà paura.
Voglio preservarmi per me stessa: appassire in una cupola di cristallo.
Io vivo nell'incoerenza perchè non so essere diversa da me stessa.
Non ti venga mai in mente di pensare che io sia migliore perchè mi priveresti della libertà di decidere di essere peggiore.


martedì 12 febbraio 2013

Nobiscum.

Io è te. Io e te.
Alcuni la chiamerebbero 'convivenza' questa strana forma di sopportazione.
È una vita simbiotica: un io che necessita della scissione per affermare il suo potere.
Sei il primo bivio che incontro al mattino: la scelta che che comporterà tutte le successive.
Certe volte ti scelgo distratta, folle, inesperta.
Altre volte guardo il tuo sorriso e scelgo la schiettezza di un viso poco truccato.
Ci sono quei giorni in cui lascio al caso l'ardua sentenza.
Ritrovo i tuoi trucchi sparsi per casa: credi che curino il tuo essere.
Non sei mai stata una direzione precisa, con te è un continuo gioco a lotto, una sorpresa che non ha termine.
Certe volte, ti trovo assorta nei tuoi pensieri: chiudi gli occhi e aspetti che passino.
Aspetti che i tuoi sensi trovino il luogo rifugio, aspetti di poter passare avanti verso il prossimo sentiero.
C'è chi non ti crede mai perché non sa dove guardare: se alla tua bocca pulita o alle bugie di cui rivestì le parole.
C'è chi non si sforza di passarti accanto: ti lascia andare perché non vali neanche la pena di uno schianto.
Solo io ti sono sempre accanto: ti strucco gli occhi, dopo il pianto.
Non sei nata come pagliaccio ma la tua faccia ricorda un sorriso.
Un naso rosso, un bambino non ancora disilluso.
E tu non lo sai: non sorridi quasi mai.
Un velo di ombretto copre quegli occhi velati di pensieri, lasci scivolare su le calze e ti infili un altro vestito elegante.
Ti torturi.
Mi torturi con la tua finta esuberanza, contro quella forte immagine apparente che non nasconde che un insicura maschera di cera.
Ti bruci al sole: lo lasci fare.
Desideri gli occhi altrui, non disdegni le attenzioni.
Ti distolgono da me che ti aspetto alla porta, di ritorno a casa.
Curo i tuoi piedi stanchi, rassereno il tuo animo in tumulto.
Conto i buchi del tuo petto, ti racconto una bugia.
Ogni volta, diventi un pó più mia.
Hai corso dentro troppi letti senza fermarti mai.
Hai lasciato che le immagini scorressero davanti ai tuoi occhi: le hai tenute lontane dalla mente.
Qualcuno faceva sesso con il tuo corpo e tu eri distante.
Eri con me: rimboccata tra le coperte, nel verso di una poesia, al centro di un altro burrone.
So che lo sai, che conosci il male che ti fai.
Scorri dentro di lui, ti lasci trasportare.
Offri la tua carne, sei il tuo sacrificio.
Ti svendi perché qualcuno ha minato il tuo valore, tanto tempo fà.
Abbracciami, bambina.
Stringimi le mani, riprenditi per mano.
Cade un rossetto sul pavimento: si rovescia il contenuto.
Tu adesso sei lontana ma vicina.
I tuoi controsensi sono stati ammortizzati da una fantasia loquace: da un mondo che giace sul fondo di un libro.
I tuoi mostri si sono acquietati, hanno preso nuove sembianze e adesso puoi sconfiggerli.
Cala la notte e io e te siamo. Insieme.
Io è te.
Con noi, bambina mia, tramontano anche le tue pene.

sabato 9 febbraio 2013

Avrai.

Gli spazi che intercorrono tra una parola e un'altra li immagino riempiti dei tuoi silenzi.
Il tuo respiro regolare che accompagna il movimento impercettibile dei tuoi occhi fino al termine di questa frase.
Immagino un sorriso compiaciuto, l'ombra di un desiderio che ti percorre la mente.
Balena tra un concetto ed il suo corrispettivo, si ferma davanti agli ostacoli razionali, inciampa in qualche tua mancanza ma arriva trionfante al traguardo.
Hai un desiderio che non conosci ma che stai nutrendo, inconsciamente.
So che non vorresti, che ti escluderesti da qualsiasi contatto con il mondo esterno.
Quei lineamenti non ti rendono giustizia. Troppo deboli, troppo deleterei. 
Scompaiono nei pensieri, perdono peso nell'aria, finiscono nel dimenticatoio.
Vorrei avere gesti precisi ed incalzanti come i pensieri che ti accompagnano in certe sere
Vorresti essere quello che hai custodito dentro.
L'urlo nel bel mezzo di un concerto.
Torni indietro, rinneghi qualcosa e riprendi la corsa.
Torni indietro, hai perso qualcosa.
Torni indietro, hai già perso troppo.
Torni indietro, l'attimo passato non è mai come l'hai immaginato.
Lo so che, se potessi, mi lasceresti andare.
Immagino quelle pause, i tuoi occhi vitrei.
Immagino che la mia immaginazione non può. No. Questa volta no.
Perderò un altro istante, lo faccio sempre.
Rinchiudimi in un segreto: avrai giorni migliori.
So che mi hai perso, so che ti ho perso.
Vaghi via, cerchi di riacciuffare i tuoi pensieri.
Mi estranei da quel mondo di cui facevo parte nei tuoi ieri.
Avrai domani.
Un'ombra passeggera.
Una figura di donna che passa velocemente al tuo fianco.
Il tuo respiro perde il ritmo, entra in un altro vortice.
Hai un desiderio. So che hai un desiderio.
No. Non sono io.
Concedimi ancora un'ombra, il primo pensiero su quella panchina, concedimi l'entusiasmo di quella gemma intrappolata tra i rami.
Concedimi lo spazio dei tuoi respiri.
Non importa, non seguirmi.
Lasciati seguire. Portami ancora altrove.
Ti accompagnerò mentre frughi nel tuo borsello, alla ricerca di quella sigaretta.
Il suo fumo al vento, i tuoi occhi che scoprono nuovamente un mutamento.
Mi stai ridefinendo, lo so che ci stai provando.
Sono già un'altra, te l'assicuro.
Non mi avrai, non mi hai avuto mai.
È un'attesa quella che stai vivendo.
Un'attesa bizzarra, un'attesa calma. Nessun trasalimento, nessun punto scomposto.
Aspetti qualcosa che conosci, che sai che non ti smuoverà, un sorriso che non sa disarmarti.
Avrai.
Avrai i suoi baci e la sua intimità: un'anima docile, un porto sicuro.
Avrai ció che non desideri.
C'è trambusto, alla stazione.
La vita si aggroviglia e tu ti lasci assopire da una giornata di cui già conosci la fine.
Avrai il tuo finale, avrai la nota stonata di altri giorni sprecati.
Ti avvolgo in un manto di parole, che possano sconfiggere le tue tempeste solitarie.
So che mi cerchi, ancora.
So che sono un desiderio che ancora ti sfiora.
Avrai ció che sarai.
Il freddo di un inverno, la sterilità di un rapporto univoco.
Avrai voglia di essere migliore.
Lo sarai. 
Avrai.
Controluce sono ancora il tuo specchio, ti seguo ma i tuoi occhi non mi avvertono.
Non ho dettagli precisi ma sfumo secondo i tuoi movimenti.
Ho le tue mani.
Adesso che la saluti, saluti anche me.
Io saluto te.
È un tratto di strada che percorrerai senza di me, senza occhi indiscreti, senza giudizi inappropriati.
Avrai e non mancherai di dare.
Possiedi il mio tempo anche adesso che sta per sorgere il sole.
Un'attesa così prolungataa che spezza ancora gli equilibri.
Avrai ancora un respiro tra queste lettere scritte velocemente.
L'inconsistenza di una mente inconcludente.
Avrai ma anche tu, prima o poi, cesserai.



Avrei

L'ultima goccia di caffè è stampata indelebilmente sulla tovaglia. Forma imprecisa ma ben definita. La potrei ridisegnare: le toccherebbe una descrizione migliore. Degna di un attimo effimero, di quel cucchiaino che l'ha persa lungo il percorso. È svanita, nell'arco di un secondo. Ha cambiato direzione, ha scelto la materia, ha scelto la fine. L'inconsistenza. Sono distesa su quella tovaglia, hanno scelto per me. Hanno scelto il mio trampolino, si sono abilmente travestiti da destino e mi hanno reso. La prospettiva è capovolta. Le tazzine si muovono velocemente sopra di me, avverto un silenzio.
Le parole non mi sono concesse.
Avverto la mia immobilità.

Sono l'ultimo foglio di questa bacheca. Il vento mi fà tremare e gli sguardi veloci degli studenti mi svelano la realtà. Qualcuno ha deciso che questo fosse il mio posto, che avessi qualcosa da dire agli altri. Chissà cosa, chissà perché. Chissà. Un annuncio pubblicitario, o forse una locandina cinematografica. Se potessi, sarei un numero di telefono senza nome e senza faccia. Se potessi, sarei una lettera d'amore sofferta che termini bisbigliando.
Se potessi, sarei una stampa di labbra, un bacio pronto per essere rubato.
Da un passante, da un amante.
Ancora una volta.
Un bacio di carta che non scolorisca, mai.